La produzione del vetro da
bottiglia, influisce in modo determinante nella
vita della città, rendendola, pur
indirettamente, una delle capitali del vino.
Quest’ultimo è il prodotto principe, grazie al
quale, la città di Asti ha costruito una lunga e
importante storia enologica, commerciale e
turistica, battezzando con il proprio nome, uno
dei vini più conosciuti al mondo.
Scegliere Asti come sede per illustrare tale
storia rappresenta una scelta obbligata se la
città non vuole perdere il suo ruolo dominante e
trainante nel settore enologico. Anche le
pubbliche amministrazioni si stanno già muovendo
in questo senso con il recupero dell’ex Enofila,
importante nodo ecomuseale urbano. L’ecomuseo
della Città di Asti e del suo contado non vuole
tuttavia limitare la sua azione ad un solo
edificio, (già oggetto di recupero finanziato).
Le cantine astigiane, (individuate
come tipologia edilizia locale nella logica
delle “tipicità“ capace di configurare il
paesaggio culturale in quanto legata a una delle
produzioni più radicata nel territorio), nel loro insieme, costituiscono una rete unica per
dimensione ed interesse. L’importanza ecomuseale
delle cantine astigiane è legata ad una storia
del lavoro, che sino dalla prima metà del XIX
secolo, grazie all’intuizione di alcuni
imprenditori enologici piemontesi,
(Martini, Cinzano, Gancia, Contratto, Ballor, Bosca, … .) superò i
vecchi schemi della vinificazione artigianale e
iniziò la lavorazione su scala industriale di
prodotti destinati a conquistare il mercato
internazionale, dando origine allo sviluppo
irreversibile di un nuovo settore industriale
capace di ricoprire un ruolo fondamentale
nell’economia nazionale
10). Per l’ecomuseo di Asti e del
suo contado è importante la lettura di questa
trasformazione che ha portato all’instaurazione
di un rapporto singolare, se non unico, fra
industria e agricoltura. I lavoratori
dell’industria enologica astigiana sono
principalmente contadini locali. In altre parole
sono gli stessi contadini che offrono la materia
prima, in quanto produttori, a diventare operai
dell’industria enologica: sono contadini-operai.
Questa interazione tra campagna e fabbrica, tra
contado e città, è la logica che stà alla base
dell’ecomuseo di Asti e del suo contado.
Per Canelli, le associaziazioni ecomuseali,
stanno contribuendo alla realizzazione di un
primo progetto per inclusione delle sue cantine
tra i beni Unesco
11). Inoltre, da un rilievo parziale delle nuove cantine che sono sorte
in tempi più recenti nell’astigiano, si è
evidenziata la necessità di un diverso approccio
al problema dell’inserimento
paesaggistico-ambientale dei nuovi edifici
destinati alla trasformazione che possa essere
più vicino alle tipologie tradizionali. Una
ricerca sulla “qualità totale”, rivolta (non
solo alla genuinità delle produzioni, ma anche
all’ integrità/autenticità dell’ambiente di
produzione è una delle attività che l’ecomuseo
di Asti intende continuare, ricerca intesa anche
come metodo concreto per impostare nel presente
le basi per uno sviluppo auspicabile.
10) P.Cirio Carlo e Camillo Gancia.
Strategie industriali, 1850-1935. Gribaudo Ed..
Cavallermaggiore. 1990.
11) Progetto già attivato con la collaborazione
dell’Osservatorio del Paesaggio per il
Monferrato e l’Astigiano.
|