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L’Ecomuseo della Città di Asti e del suo
Contado: una proposta finalizzata alla memoria,
identità, valorizzazione e sostenibilità in
ambiente urbano |
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Enrico Ercole, Università del Piemonte Orientale, Dipartimento di
Ricerca Sociale
Marco Bianchi, Osservatorio del Paesaggio per il Monferrato e
l’Astigiano
1. Ecomuseo e città di media dimensione
La riscoperta e la valorizzazione del patrimonio
culturale, inteso in senso ampio come l’insieme
della cultura materiale, della memoria e delle
tradizioni, ha vissuto una prima intensa e
proficua stagione in ambito rurale o in centri
di piccola dimensione. In questi contesti, da
una parte, era rimasta più presente l’identità
locale in tutti i suoi vari e complessi aspetti.
Si trattava infatti di luoghi marginali nella
cosiddetta fase fordista dello sviluppo
industriale, che aveva avuto come scenario la
città di grande o media dimensione (*).
In quei luoghi l’identità e la memoria locali erano state
“oscurate” dall’identità “nuova” legata al
processo produttivo fordista. Esse, in realtà,
non erano assenti, ma erano piuttosto
sopravvivevano ed erano percepite come “residui”
di un passato destinato a scomparire senza
lasciare tracce importanti.
Dall’altra parte, in quei luoghi identità e memoria erano sovente
ancora funzionali allo sviluppo locale in quanto
si concretizzavano in specializzazioni
produttive.
Con l’esaurirsi di quella che, a posteriori, può essere definita
come la “parentesi” fordista, molte
caratteristiche locali non sono più percepite
come “residui” e hanno acquistato un’importanza
non sono culturale, ma anche economica.
Si pensi al ruolo giocato dal capitale sociale nello sviluppo
locale, oppure alla valorizzazione in termini di
“prodotto turistico” degli aspetti legati all’heritage
(Gilli, 2005).
Ogni luogo si rapporta in modo differente e specifico a questa
nuova struttura di opportunità, in base non solo
e non tanto alle risorse presenti in esso, ma
anche alla capacità di operare con quelle
risorse a seconda della visione di sé (identità
locale), del proprio futuro (pianificazione
strategica) e del modo in cui agire per
governare il presente e progettare il futuro (governance)
(Mela, 1996).
Ciò avviene o meno, e avviene con modalità differenti, a seconda
delle risorse locali e della percezione di esse
da parte degli attori locali. Il modello
simmeliano che vede i “fatti sociali
spazialmente formati” si dimostra dunque utile
per l’analisi e il governo dello sviluppo locale
(Bagnasco, 1994).
In centri urbani di media dimensione e con un passato fortemente,
anche se non esclusivamente, connotato in
termini fordisti, memoria e identità locale - e
la loro valorizzazione -
acquistano una particolare rilevanza. La
prospettiva strategica assunta dalla proposta di
Ecomuseo
urbano della Città di Asti e del suo Contado
è quella della valorizzazione, appunto, della
relazione, oscurata nella fase fordista, tra
città e contado, che ha una sua concretizzazione
in eventi e usanze, alcune ancora in essere.
Molti sono gli aspetti che si snodano dalla
relazione tra città e contado, da quelli
economici a quelli culturali. Non ultimo quello
di una affatto specifica declinazione del
concetto di sostenibilità urbana che si allarga
a ricomprendere lo spazio extra-urbano.
La valenza innovativa
che ha caratterizzato l’esperienza ecomuseale
risiede nel progetto di valorizzare “il
territorio come luogo di relazioni, come spazio
in cui sono sedimentati memorie, testimonianze,
saperi locali e come trama di ancoraggio dei
processi di sviluppo contemporanei” (Incontro
Nazionale Ecomusei, 2003). Gli Ecomusei che
hanno avuto successo sono riusciti a “garantire
un’attenzione ed un uso del territorio orientati
alla salvaguardia e nel contempo alla
valorizzazione del complesso dei valori
materiali ed immateriali e della ricca trama di
legami e di relazioni che li unisce, i quali
insieme costituiscono il patrimonio locale; gli
Ecomusei hanno così favorito l’emergere
dell’identità delle comunità locali e l’avvio di
processi di sviluppo e valorizzazione economica
attraverso la conservazione e la
reinterpretazione di particolari aspetti del
patrimonio culturale ed ambientale, una
reinterpretazione altresì attenta a cogliere il
dinamismo della società e delle culture”
(Incontro Nazionale Ecomusei, 2003).
Tale progettualità si
inscriveva in una situazione caratterizzata
dalle conseguenze del processo di
industrializzazione vissuto da ampie parti
dell’Italia negli anni Sessanta, che aveva
accelerato il processo di abbandono delle aree
rurali, con conseguenze non solo per quanto
riguarda l’ambito economico, ma anche quello
identitario della comunità colpite da processi
di emigrazione. Con la crisi della fase fordista
è emerso come la perdita di identità delle
comunità si fosse manifestata, seppur con
modalità diverse, anche nelle realtà urbane. Sia
nei quartieri delle aree urbani maggiori, sia
nelle città di medie dimensioni.
Per questa ragione
sono emersi negli ultimi anni progetti di
carattere ecomuseale nelle realtà urbane. Non ci
si deve stupire, in quanto la portata della
trasformazione avvenuta nell’economia e nella
società rende “verosimile aspettarsi che nel
prossimo futuro emerga un panorama di
istituzioni aderenti solo in parte … al modello
originario dell’ecomuseo” (Maggi, 2001), non
solo nell’ambito rurale, ma anche in quello
urbano. Tra le esperienze in tal
senso la più nota è certamente l’Ecomuseo urbano
di Torino, che “si propone di partire da alcune
esperienze di ricerca e promozione del
patrimonio storico locale in corso in più
quartieri cittadini per sperimentare formule
innovative di tutela e valorizzazione dei beni
culturali e paesistici urbani su scala
metropolitana”. In esso i temi del patrimonio
diffuso, della conoscenza e tutela del
territorio, dell’identità delle comunità vengono
declinati in modo affatto originale rispetto
alla precedente esperienza ecomuseale, dando
origine a forme organizzative peculiari e
innovative, riguardanti ad esempio la
condivisione del progetto in una “logica
federativa” e la definizione del ruolo di un
Ente locale che è oggettivamente molto più
“pesante” rispetto alle realtà rurali (Jallà,
2003).
Esigenze simili ma,
ovviamente, modelli organizzativi differenti
caratterizzeranno gli Ecomusei in realtà urbane
di diverso tipo, come le città di media
dimensione. Non deve poi stupire che vi possano
essere modelli organizzativi diversi nelle
singole città di media dimensione, in quanto
esse sono molto diverse tra di loro. Vi sono
città di media dimensione industriali oppure di
servizi, molto diverse in quanto a struttura
sociale e cultura. Asti, ad esempio, è stata per
lungo tempo una città di servizi, diventata poi
industriale ed ora in cerca di una identità al
tempo stesso nuova e radicata nel suo passato e
legata al suo patrimonio culturale.
E’ interessante notare come non ci sia un’unica
definizione di patrimonio culturale urbano. Al
suo interno emergono
due macro-categorie:
i
beni materiali (che
fanno riferimento agli aspetti naturalistici e
ai beni architettonici della città) e i beni immateriali (che rimandano al recupero delle
tradizioni e della storia). Tra i primi ci sono
i luoghi in cui un gruppo sociale, o una
comunità, si riconosce (edifici, piazze,
quartieri); i secondi includono invece le
relazioni tra le persone, e tra queste e il
proprio territorio (Ecomuseo urbano di Torino,
2007).
Accanto alla città “visibile” ce n’è una
“invisibile”, che al pari della prima è
interessata dalla trasformazione: essa è
costituita da percezioni, atteggiamenti,
comportamenti, di cui la città “visibile” è al tempo stesso causa ed effetto. E’ “un patrimonio immateriale,
intangibile, dinamico, che esprime le dimensioni
della civitas e che, parimenti al patrimonio fisico, occorre tutelare,
interpretare e comunicare” (Ecomuseo Urbano di
Torino, s.d.). Uno studio recentemente
realizzato dal Comune di Asti nell’ambito del
Progetto comunitario “Maiores” ha messo in luce
come la storia di una città entri a far parte
della storia personale dei suoi abitanti e
caratterizza l’identità sociale della
collettività attraverso l’esperienza di eventi e
luoghi simbolici (Lajolo, 2007). Affinché
permanga il senso dei luoghi è necessario
“diffondere gli strumenti necessari a decifrare
i significati e i valori inscritti nei segni di
un passato più o meno prossimo, maggiori o
minori, ma comunque significativi e degni di
continuare ad essere percepiti e capiti, resi
palesi quando non sono più autoevidenti” (Jallà,
2003).
In questo quadro, la
conoscenza del territorio e dei suoi valori identitari da parte della collettività dei
residenti, siano essi autoctoni o immigrati, non
solo costituisce la base del sentimento di
appartenenza per la collettività, ma è anche
necessaria per l’esistenza di una consapevolezza
del valore del patrimonio culturale presente in
un determinato luogo, che è il presupposto per
la sua tutela (Ecomuseo Urbano di Torino, s.d.).
2. Il progetto di
Ecomuseo della Città di Asti e del suo Contado Asti, al pari di altre città, ha vissuto nel
secondo dopoguerra una profonda trasformazione
in termini demografici, economici e sociali. I
40.000 abitanti negli anni trenta sono quasi
raddoppiati negli anni Ottanta (Ercole, 2005).
Da città di servizi per il contado, diventa
città industriale a seguito dell’espansione
dell’industria torinese. La crescita demografica
si accompagna a una profonda trasformazione da
città di autoctoni a città con una forte quota
di immigrati. (Virciglio, 1991). La successiva
chiusura e delocalizzazione delle attività
industriali ha portato a una seconda profonda
trasformazione.
Asti è dunque, pur
nella dimensione demografica media, una città
con una storia ed una struttura sociale
articolata.
Anche per questa ragione, il progetto di
Ecomuseo della Città di Asti e del suo contado
vuole essere un ombrello ecomuseale con
un modello progettuale di tipo evolutivo. Esso
si configura come un museo diffuso sulla città e
sul suo territorio, e il termine “contado” viene
utilizzato per evidenziare e rendere il più
possibile percepibile, allo scopo di
rafforzarlo, il senso delle relazioni che tale
territorio ha con il capoluogo, luogo di
rappresentanza e di identità culturale. Contado
e città permettono di cogliere quell’ibridazione
della cultura cittadina con quella contadina che
ha segnato la cultura di Asti. Per questa
ragione le “linee di forza” ecomuseali rimandano
alle caratteristiche della città ma anche a
quelle del suo rapporto con il contado. In primo luogo la città
cresce per l’afflusso degli abitanti del
contado. La crescita è crescita fisica, di
costruzioni edificate per accogliere abitanti e
funzioni. Costruire è un’attività comune
all’uomo, ma seguire regole nelle costruzioni è
il segno della civiltà di un popolo. All’interno
del palazzo municipale di Asti è conservata, ad
esempio, la “forma ufficiale della tegola e del
mattone”, produzione che per Asti è stata fonte
di immigrazione e che ha vissuto un’epoca d’oro
con il barocco della Grande Ricostruzione e con
la ricostruzione dei dopoguerra, anche se
rimangono segni e tracce della produzioni di
mattoni che risalgono al Medioevo. In
quell’epoca, Asti, più conosciuta e più
importante di Torino, vive l’edificazione di una
città medioevale elegante, ricca di caseforti e
di torri, che si configurano come il più
cospicuo ed antico insieme di architetture
civili bassomedioevali della regione.
L’attività industriale
del mattone, iniziata con i “furnasin”, prosegue
nel tempo, e l’argilla delle terre collinari è
la materia prima dei mattoni con cui si
costruiscono gli edifici della città. Alla
produzione di mattoni nelle fornaci si affianca
anche quella delle macchine per fornaci; con le
aziende Morando, Asti esporta nel mondo la
propria tecnologia. Le preziose testimonianze
del lavoro in fornace e la ricerca
storico-etnografica permettono il recupero della
cultura materiale dei laterizi e individuano una
delle “linee forza” del progetto ecomuseale. La relazione tra città e
contado emerge anche nella presenza di
un’industria agroalimentare e vinicola che
trasforma i prodotti del lavoro nei campi del
contado. La produzione vinicola, presente da
sempre, è la produzione grazie al quale la città
di Asti ha costruito una lunga e importante
storia enologica, commerciale e turistica,
battezzando con il proprio nome uno dei vini più
conosciuti al mondo. Accanto ad essa nasce
l’industria conserviera, ancora
significativamente presente nel territorio. La trasformazione, in
città, dei prodotti della campagna è il secondo
filone del progetto di Ecomuseo e della
relazione tra Asti e il suo contado.
Dalla città al contado ci si spostava in carro e
in bicicletta. Forse per questa ragione Asti è
città di campioni del ciclismo (il più noto è il
mitico “Diavolo Rosso” Giovanni Gerbi, il
campione dei primi anni del novecento) e di
fabbriche di bicicletta.. Il
padre di Gerbi era uno di quegli
artigiani “fabbricanti di biciclette” che
insieme ad altri quali Prina, Garelli, Maina,
Canarini, Giuntelli hanno fatto di Asti una
delle città più importanti in Italia nella
fabbricazione di biciclette. Il cicloturismo è in
costante aumento in tutta Europa e i dati
recenti segnalano variazioni così forti che non
possono passare inosservate.
Il “ciclismo come
cultura” è la terza “linea di forza” del
progetto di Ecomuseo della Città di Asti e del
suo Contado, sia con l’esposizione di bici
d’epoca e del processo produttivo ad esse
legato, sia con la proposizione di percorsi
ciclistici ecomuseali tra natura, lavoro e
letteratura .
In città si produce la
cultura scritta che si affianca a quella orale
del contado, ma anche dei quartieri cittadini.
Le tipografie la cui parabola iniziale è legata
ai santi sociali Don Bosco e Beato Marello, alle
Opere Pie quali il Michelerio, alla borghesia
delle professioni e all’anelito di giustizia del
nascente movimento operaio, sono un ulteriore
“linea di forza” del progetto ecomuseale,
attraverso il recupero del lavoro nel
laboratorio di tipografia e della funzione della
“parola scritta” come strumento di discussione e
di diffusione di conoscenza.
La territorialità che
si esprime nel progetto è la territorialità di
un sistema aperto (Gambino e Romby, 2003),
caratterizzato dallo scambio di prodotti in
cambio di servizi, ma anche dal confronto tra
modelli di vita. Un progetto ecomuseale rivolto
a una città di “media” dimensione acquista in
tal modo una proiezione paradigmatica verso
dinamiche e problemi non certamente “medi”.
BibliografiaBagnasco, Arnaldo (1994),
Fatti
sociali formati nello spazio, Angeli,
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il Patrimonio Culturale Urbano”,
Incontri
su come tutelare la memoria e raccontare la
storia della città, Torino, 28 settembre [www.comune.torino.it/ecomuseo/carta.htm]. Ecomuseo Urbano di Torino (s.d.), “Perché un Ecomuseo a Torino”, [www.comune.torino.it/ecomuseo/cos_e/index.htm]
Gambino, Roberto e Romby,
Carla (2003),
“L’ecomuseo e il territorio”,
Incontro
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[www.ecomusei.net/Congresso/index.php]. Gilli, Monica (2005), Heritage tourism”, appartenenza e ricerca d’identità,
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Nuova Museologia,
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[www.comune.torino.it/ecomuseo/approfondimenti/pdf/jalla.pdf]. Lajolo, Laurana (a cura di) (2007),
Gli anziani raccontano: luoghi ed eventi di Asti
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Milocca al
Nord, Angeli, Milano. |